Un momento difficilissimo per l’ex Ilva
Giornate di forte tensione per i lavoratori dello stabilimento ex Ilva di Novi Ligure, coinvolti nella nuova fase di crisi del gruppo. Il piano illustrato dal Governo ai sindacati prevede, a partire dall’inizio del 2026 e fino almeno alla primavera, oltre 4.000 lavoratori in cassa integrazione e circa 1.500 inseriti in percorsi di formazione, con prospettive ancora incerte sulla futura vendita del polo siderurgico.
Novi rischia di fermarsi già a dicembre
La chiusura della cokeria di Taranto comporterà lo stop degli approvvigionamenti di coils per gli stabilimenti del Nord. A Novi, spiegano i sindacati, le scorte potrebbero durare “fino a metà dicembre”, rendendo impossibile garantire la continuità produttiva nei reparti.
Per Maurizio Cantello (Fiom-Cgil), il piano governativo “somiglia più a una chiusura che a un rilancio”. Alberto Pastorello (Uilm) aggiunge che “senza materia prima da Taranto gli impianti del Nord non possono lavorare”, mentre Luigi Tona (Fim-Cisl) parla di “una volontà di ridimensionare per favorire potenziali acquirenti”.
La protesta a Novi: 250 lavoratori in assemblea e corteo verso gli uffici
Mercoledì mattina si è svolta un’assemblea molto partecipata, con oltre 250 dipendenti su 550 complessivi, inclusi lavoratori in cassa integrazione o appena usciti dal turno di notte.
L’assemblea si è trasformata in un corteo spontaneo lungo la strada per Bosco Marengo, gesto che segna l’avvio di una mobilitazione che potrebbe culminare in una manifestazione nazionale a Roma.
La preoccupazione è alimentata dal progressivo ridimensionamento dello stabilimento: dal 2018 a oggi il personale è sceso da 750 a 550 addetti, con un continuo ricorso alla cassa integrazione e un futuro percepito come sempre più incerto.
Acciaierie d’Italia e sindacati divisi sui numeri
Il Governo prevede che gli altoforni di Taranto ripartano a marzo, ma fino ad allora verrà applicata la cassa integrazione. I sindacati stimano 6.000 lavoratori coinvolti, mentre Acciaierie d’Italia conferma la cifra di 4.000, più 1.550 dipendenti inseriti in formazione.
Secondo le sigle metalmeccaniche, però, “il programma equivale alla fermata degli stabilimenti di Novi e Genova”, perché i coils prodotti in Puglia “saranno destinati alla vendita e non agli impianti del Nord”.
Il PD locale accanto ai lavoratori: “Scenario paradossale”
La Regione Piemonte invita alla calma, dichiarando di seguire la situazione degli stabilimenti di Novi, Racconigi e Gattinara. Il sindaco di Novi, Rocchino Muliere, insieme a una delegazione del Partito Democratico, ha partecipato al presidio davanti allo stabilimento per testimoniare vicinanza alle famiglie coinvolte.
Il PD giudica “paradossale” l’ipotesi di mantenere attiva la produzione a Taranto, pur essendo il sito da cui la crisi ha avuto origine, e di fermare invece Novi e Genova, operazione che “svuoterebbe il comparto industriale e penalizzerebbe territori già duramente colpiti”.
Foto di Dino Ferretti.
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