Scongiurato il peggio per l’ex Ilva di Novi

Dalla riunione convocata a Roma tra sindacati – arrivati con posizioni non pienamente allineate – ed enti locali sono emerse indicazioni giudicate solo parzialmente rassicuranti per il futuro dello stabilimento ex Ilva di Novi Ligure. L’incontro, pur evitando nell’immediato gli scenari più critici, è stato interpretato da molti come un semplice rinvio dei problemi strutturali che interessano il sito produttivo.

 

Secondo quanto riferito, è stato evitato il rischio di una riduzione drastica del personale operativo a partire dal 1° dicembre, quando si temeva che solo una trentina di addetti sarebbe rimasta attiva mentre il resto dei lavoratori sarebbe stato diviso tra cassa integrazione e percorsi di formazione. I 170 dipendenti già in cassa integrazione continueranno a rimanere in tale condizione, mentre gli altri saranno impiegati nel reparto zincatura, quindi mantenuti in ambito produttivo. Non è stato però chiarito quale sarà la tipologia di produzione, poiché dal governo non sono arrivate conferme in merito al cosiddetto “ciclo corto”. È dunque ritenuto probabile che una quota significativa del personale venga destinata ad attività di manutenzione.

 

I commissari di Acciaierie d’Italia hanno inoltre annunciato l’intenzione di riattivare un secondo altoforno entro marzo, con l’obiettivo dichiarato di raggiungere una produzione complessiva di 4 milioni di tonnellate di acciaio.

 

 

La vendita del gruppo

Sul fronte della vendita del gruppo, il ministro Urso ha spiegato che entro la metà di dicembre sono attese offerte concrete da quattro soggetti: oltre a due fondi di investimento, sarebbero in campo anche due player extra Ue. Il ministro non ha escluso un eventuale intervento diretto dello Stato, ribadendo che la priorità assoluta resta il mantenimento dell’unità industriale del gruppo, anche di fronte a possibili interessamenti per singole parti, come gli impianti del Nord Italia. Urso ha inoltre fatto sapere di non escludere accordi di partnership tra chi dovesse acquisire l’intero gruppo e altri soggetti interessati a specifiche sezioni produttive.

 

All’incontro romano hanno partecipato anche gli enti locali. Tra loro il sindaco di Novi Ligure, Rocchino Muliere, che ha espresso forte preoccupazione per il futuro dello stabilimento, definito “imprescindibile” per la città. Il primo cittadino ha auspicato un recupero dell’unità sindacale e ha giudicato positivamente il fatto che, al momento, non siano previsti percorsi formativi per Novi, ritenuti un preludio a una riduzione dell’attività.

 

 

Regione e Sindacati

Soddisfazione prudente è stata espressa anche dal presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e dagli assessori Elena Chiorino ed Enrico Bussalino, secondo i quali ogni segnale di ripresa rappresenta “una boccata d’ossigeno per centinaia di famiglie”. I rappresentanti regionali hanno sottolineato come il dialogo istituzionale non si sia mai interrotto.

 

Decisamente più scettici i sindacati, che hanno annunciato per domani un incontro con le maestranze per valutare la prosecuzione delle iniziative di protesta, non escludendo ulteriori scioperi già imminenti in altri stabilimenti. Maurizio Cantello, della Fiom-Cgil, ha dichiarato che dalla riunione romana non sarebbero arrivati passi avanti significativi, sostenendo che togliere Novi dai percorsi formativi senza garantire materiale da lavorare rappresenterebbe un cambiamento marginale. Cantello ha anche insistito sulla necessità di spostare il confronto a Palazzo Chigi.

 

Una linea condivisa anche dalla Uilm alessandrina – che non ha preso parte al tavolo romano – e dalla Fim-Cisl, presente con propri delegati. Quest’ultima ha chiesto al governo una convocazione ufficiale e l’abbandono della prospettiva di una “filiera corta”, ribadendo che lo stato di agitazione resta confermato.